“Cuy” da animaletto domestico, a prelibatezza culinaria peruviana!

Il “cuy” è il nostro caro e adorato porcellino d’India. Morbido, peloso, coccoloso. Chi non ne desiderava uno da piccolo? Da bambina mi ero infatti documentata al negozio di animali su questo pelosetto, al fine di raccogliere tutte le informazioni necessarie che mi avrebbero permesso di ottenerlo: non puzza, non sporca, non urla,…non mangia, non dorme… Ma niente da fare! Io e mio fratello abbiamo però ottenuto il benestare per prendere un adorabile cagnolino.

Interessante però scoprire anni dopo durante un nostro viaggio in sud America nel 2017, che questo piccolo animaletto domestico che per noi è di compagnia, è visto con ben altri occhi dagli abitanti del Perù, ed è considerato una vera prelibatezza. Paese che vai, usanze che trovi.

Durante il nostro viaggio, mentre ci spostavamo dal sito archeologico di Ollantaytambo a quello di Pìsac (entrambi molto interessanti!), su suggerimento del nostro autista, abbiamo sostato per un pranzo tardivo nel distretto di Lamay nella Casita de Victoria, un ristorante isolato lungo uno stradone polveroso.

A bordo strada, all’entrata del ristorante, ad arrostire beato sul fuoco, conficcato su dei bastoni di legno, si trovava in bella vista il piatto forte del ristorante: il cuy al palo.

Un po’ straniti ci siamo avvicinati per osservarli da vicino e incuriositi ci è venuta voglia di ordinarli. Abbiamo anche notato con molta ilarità, che ogni auto che passava si trascinava appresso un polverone che si depositava irrimediabilmente sul nostro pasto diventando parte del condimento e di nuovo di affidi al detto “paese che vai usanze che trovi”!

Nel menù del ristorante erano presenti diverse varianti del porcellino d’India, trattandosi di un piatto molto apprezzato dai peruviani e che normalmente consumano solo nei giorni di festa. Abbiamo optato per quello arrostito al palo, dal momento che sembrava il più pittoresco; veniva servito nel piatto su un letto di abbondante pasta in bianco, con le zampine anteriori dritte davanti a sé stiracchiate ai lati della testa e quelle posteriori tese all’indietro e un po’ svergoline, tutte e quattro secche come dei rametti (ma molto croccanti). Si presentava quindi con questo corpicino stiracchiato, come se fosse lanciato verso una preda, la bocca spalancata con le piccole fauci storte in bella vista; così come era salito sul palo ad arrostire, così era sceso nel piatto.

Dopo averlo visto cotto e rossastro, senza pelo, con le fauci in mostra, non sembrava più molto tenero e non poneva più nessuna remora a volerlo assaggiare. Personalmente l’ho trovato simile alla gallina in quanto sapore, o perlomeno era l’animale che conoscevo, che più me lo ricordava. La carne era piuttosto grassa e molto speziata in quanto farcita con molte erbe del posto.

L’autista, che ha condiviso con noi il piatto, ha apprezzato particolarmente il fatto di avergli lasciato la testa, che a quanto pare, è la parte più ambita.

Oltre alla pietanza in sé, un’altra particolarità del cuy è data dalla sfida dell’ossicino. Tra le sue orecchie si trova infatti un piccolo ossicino, difficile da trovare, che i peruviani fanno a gara per scovare e chi lo trova vince la sfida! Senza dubbio ha vinto il nostro autista!

Angel

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